Entrare in un’azienda, conoscerne i processi di produzione è sempre molto interessante e istruttivo; dà modo di apprezzare la funzionalità delle macchine, la solida materialità degli utensili, l’ordine complesso dei cicli produttivi, la suddivisione del lavoro, la serialità, la precisione...  
Entrare poi in relazione con un imprenditore che vive con afflato ideale e dedizione le sorti della propria azienda significa fare esercizio di umiltà e di ascolto. Soprattutto quando gli devi dire che sotto il profilo della comunicazione la sua azienda rasenta l’impresentabilità.
Per molti aspetti Costampress (pressofusioni in alluminio) è il prototipo di una certa imprenditoria veneta. Ovvero qualità e alto profilo tecnologico coniugati a una sostanziale invisibilità. Non per insipienza (disinteresse?), e non solo perché convinta che “tanto la qualità parla da sola“, ma perché sostanzialmente un’identità forte non gli mai servita. Soprattutto per ragioni di posizionamento: lavorando, cioè, solo per conto terzi (quindi senza la necessità vera di un front end identitario); operando in mercati di nicchia o offrendo standard qualitativi tali da annullare ogni competizione.
Nata nel 1973 come impresa semiartigianale, Costampress negli anni è stata coinvolta sempre più attivamente nella fase progettuale della commessa, dapprima come interlocutore di problem solving e quindi come vero e proprio partner di codesign. A questo va aggiunto l’avvio di una sempre più corposa attività di produzione (fusione e finitura) di parti finite per conto di importanti gruppi multinazionali.
Questo nuovo ordine di rapporti con la committenza, questo imporsi non più come puro fornitore, ma come responsabile per l’intero ciclo produttivo (progetto, officina stampi, fonderia, produzione, controllo qualità), ha reso inderogabile una riflessione sullo stato della propria immagine.
Questa la ragione del nostro coinvolgimento.

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